Fuses

Carolee Schneemann è una video-artista e performer statunitense, nota per i suoi lavori sui corpi e la sessualità, e vincitrice del Leone d’Oro alla Carriera alla 57esima Biennale D’Arte di Venezia. Fuses è uno dei suoi film sperimentali più conosciuti a livello mondiale: realizzato su pellicola 16mm, nel 1967 viene trasferito su formato video, e proiettato al MoMA di New York e al Museo Reina Sofia di Madrid.

Il film sperimentale di Carolee Schneemann, Fuses (1965), mostra l’intimità sessuale tra due corpi da una prospettiva femminile. È un film dolce senza essere sdolcinato, esplicito senza essere porno, che esplora lo spazio fisico senza scinderlo da quello psichico, e fonde le dinamiche dell’erotismo con quelle del sentimento.

In poco più di ventidue minuti di completo silenzio, che è il (non) suono privilegiato per raccontare la sfera intima e privata, Fuses alterna riprese della stessa Schneemann col suo amante a letto (mentre parlano, si abbracciano, si baciano, fanno sesso), con fotogrammi dell’interno della casa, del loro gatto, del fogliame fuori dalla finestra, e della riva dell’oceano. Ci sono molte soggettive di lei sul corpo di lui, e viceversa, che non hanno mai nulla di violento e invasivo: gli sguardi sono sempre filtrati dal consenso e dal rispetto reciproco.

Le macchie di colore sulla pellicola, la sovrapposizione delle immagini l’una sull’altra e gli zoom sui dettagli, con-fondono il corpo di lui con quello di lei, rendendone difficile la scissione e dunque l’identificazione: nell’atto sessuale i due singoli si trasformano in un unico corpo. Schneemann compie una specifica scelta artistica (e registica): c’è una ri-lavorazione materica della pellicola filmica con il fine di attivare tutti e cinque i sensi nello spettatore, e dunque restituirgli/le un’esperienza completa del rapporto sessuale, sia sul piano emotivo che su quello sensoriale.

Esiste un parallelismo tra l’armonia dei corpi e quella del paesaggio naturale; lo stesso atto sessuale tra i due amanti (simulato dai frenetici zoom avanti e indietro), è un movimento ritmico e ripetitivo come l’andirivieni delle onde sulla riva.

Le immagini sfuocate e indefinite, e l’impossibilità di determinare l’ora del giorno, inseriscono i corpi dei due amanti in un luogo senza tempo, come se si trattasse di un sogno, di un ricordo. Il sogno/ricordo sfugge in continuazione, degradandosi, come se dovesse scomparire da un momento all’altro dalla pellicola mentale dei due amanti. Le onde lambiscono la pellicola fino a lacerarla completamente, e sfociare infine nel fotogramma finale: il blu-pieno che inonda lo schermo.