LOBO E CÃO

Cláudia Varejão


Presentato alla “Giornata degli autori” a Venezia 79, Lobo e Cão è l’opera prima di finzione di Cláudia Varejão, regista documentarista portoghese.
Il film sembra più un documentario che una fiction, e questo si evince soprattutto dallo sguardo osservativo adottato dalla regista sui personaggi e sugli spazi che questi occupano e percorrono. Il suo è sia uno sguardo antropologico su una comunità di giovani LGBTQIA+ che convive e si scontra con la vecchia generazione, sia uno sguardo etnografico sull’isola che questi abitano. L’isola è distante dal resto del mondo e, proprio grazie alla sua condizione di isola, ha potuto conservare le sue tradizioni.

Il gruppo di giovani queer al centro della narrazione, però, si sente limitato e imprigionato in queste antiche religioni e ideologie. La loro è sia una prigione fisica, determinata dal luogo in cui sono nati e cresciuti, che spirituale, determinata dai tabù. Tra questi giovani, Ana più di tutti desidera fuggire e trovare risposte su sé stessa. Il desiderio è ciò che muove la protagonista, ciò che la spinge ad avvicinarsi a Cloe, la ragazza canadese approdata sull’isola, e a seguirla, di notte, dentro un lago scuro, trovando così quelle risposte che tanto cercava sulla sua sessualità e identità di genere.


Lobo e Cão è un coming-of-age, che porta il suo conflitto nel titolo stesso: “lupo e cane”. L’addomesticazione e l’istinto. La castrazione e il desiderio. La conservazione e il progresso. L’uomo e la donna. Con questo film, la regista analizza le dinamiche di genere, smaschera i binarismi su cui si basa la nostra società, proponendo soluzioni fluide. L’acqua è l’elemento ricorrente nel film, apre e chiude la narrazione. L’acqua è fluida. L’acqua porta in sé domande e risposte. L’acqua è scoperta e rinascita. L’acqua è evoluzione, continua trasformazione.