Promising Young Woman

Una donna promettente

Fresco di cinque nomination agli Oscar, il film che ha segnato il debutto alla regia della già sceneggiatrice e attrice Emerald Fennell, è stato un dei più discussi della scorsa stagione cinematografica. Non poteva essere altrimenti, dato il modo eccentrico e irriverente di mettere in scena un argomento attualmente caldissimo come quello della cultura dello stupro e delle sue conseguenze.  Ma Promising Young Woman, da alcuni descritto – forse per sminuirlo – come il prodotto perfetto dell’epoca del Me Too, è tutt’altro che un banale esercizio provocatorio confezionato “solamente” per cavalcare l’onda di un ritrovato spirito femminista. È un film sentito, schietto e sincero, con una dignità stilistica e argomentativa che non può essere messa in dubbio e che nonostante la patina colorata e scanzonata non disdegna di mostrarsi amaro e brutale, senza altro scopo se non quello dell’autenticità.

Immagine da Promising Young Woman, scena iniziale

Uno degli aspetti discorsivi più interessanti è la volontà della Fennell di organizzare la narrazione attraverso la decostruzione dei topoi tipici del rape and revenge movie, un genere filmico che per gran parte della storia del cinema è stato paradossalmente – ma non sorprendentemente – nelle mani dello sguardo maschile. A questo proposito, un primo elemento di distacco è rappresentato dalla scelta di dare il ruolo della vendicatrice non a chi la violenza l’aveva subita direttamente (Nina), ma alla sua migliore amica (Cassie). Spesso, quando si parla di stupro, lo si fa senza considerare le ripercussioni che quell’atto avrebbe non solo – e soprattutto –  sulla vittima, ma anche sulla vita dei suoi affetti.

Il principio dominante di cui si serve il film per raccontarlo è quello dell’assenza. La Fennell lascia la violenza subita da Nina, visivamente e verbalmente al di fuori dello schermo: l’elemento scatentante da cui parte la storia (lo stupro) non viene mai nominato, e chi lo aveva subito (Nina) non appare mai in scena. Ma l’assenza può amplificare la presenza, e l’ombra di Nina permea tutto il film dall’inizio alla fine come una forza motrice nella vita – anch’essa spezzata – di Cassie. In questo senso, risulta evidente il rifiuto della Fennell di mostrare l’atto come amplificazione emotiva che giustifica il comportamento ossessivo della protagonista e, soprattutto, il rifiuto di piegarsi all’idea che dovrebbe essere necessario.

Un ulteriore tipo di assenza è poi collegato alla sovversione di un altro tratto tipico e fondamentale del revenge movie: l’uso catartico della violenza.  L’obiettivo di Cassie (interpretata da una Carey Mulligan perfetta nel destreggiarsi tra i numerosi stati emotivi della protagonista) non è mai quello di ferire fisicamente le sue  “vittime”, ma preferisce umiliarle evidenziando la meschinità delle loro azioni e dando loro una possibilità di redenzione che puntualmente non avviene.

Infine, l’assenza è anche quella di un sistema che dovrebbe tutelare le vittime ma che finisce per demolirle una seconda volta. Promising Young Woman non vuole essere una denuncia di genere ma un’accusa alla società nel suo complesso: al suo modo di affrontare e discutere le aggressioni sessuali e alla tendenza delle sue istituzioni a preoccuparsi più per della vita di quei “promising young men” di cui il titolo si fa beffe,  piuttosto che per quella delle loro vittime.

Proprio quando la Fennell pone l’accento sull’aspetto sociale e le attenzioni vendicative di Cassie si spostano sulle istituzioni che sono venute meno nel soccorrere Nina, il racconto rischia di uscire dai binari perdendo organicità in favore di un’argomentazione eccessivamente didascalica. L’autrice, però, riesce a tenere le redini del film grazie a una naturale predisposizione per la dark comedy e l’ibridazione di generi (non a caso era stata scelta da Phoebe Waller-Bridge come head writer della seconda stagione di Killing Eve). Promising Young Woman parte come un thriller, continua come una dark comedy e a tratti diventa una commedia romantica, ma sa essere analitico e viscerale come un dramma a sfondo sociale. Lo stesso finale agrodolce (forse la parte più dibattuta della pellicola)  è una catarsi spezzata che può sembrare soddisfacente e allo stesso modo lasciare – comprensibilmente –  l’amaro in bocca. Ma il centro focale del film, anche se mascherato da sarcasmo e colori pastello, non è la punizione del carnefice ma il trauma della vittima, e l’ossessione di Cassie per la vendetta, come una qualsiasi dipendenza, è annichilente più che liberatoria. 

Emerald Fennell ha saputo assumersi dei rischi dando vita a un film dall’apparato visivo e narrativo mai banale, in cui ritmi e registri  – in modo coerente e funzionale – si alternano di continuo lasciando le aspettative di genere costantemente disattese. Promising Young Woman è un film intelligente, divertente, ironico, spesso appagante, ma allo stesso tempo doloroso, cinico e beffardo; nonché, soprattutto, necessario.