Raya and The Last Dragon

Raya e l'ultimo drago

Uscito in anteprima su Disney+ e in seguito, fortunatamente, nelle sale cinematografiche, Raya and The Last Dragon è l’ultimo capitolo di un processo di rinnovamento che cerca di offrire tipologie di narrazione più inclusive, e di svecchiare quei tratti che per molto tempo erano stati tipici delle protagoniste femminili dei film d’animazione.

Ambientato in una versione romanzata e condensata del sud-est asiatico, il film parte raccontandoci la storia del regno di Kumandra. Qui, un tempo, uomini e draghi vivevano in totale armonia, sino a che i Druun, spiriti maligni nati dalla discordia umana, iniziarono a trasformare in pietra ogni essere. I draghi tentarono di salvare l’umanità, riuscendoci grazie alla gemma di Sisu (doppiata in inglese da una bravissima Awkwafina). Il loro sacrificio salvò gli umani, ma il regno di Kumandra si divise in cinque fazioni ostili e sospettose l’una dell’altra.

Cinquecento anni dopo, il padre della piccola Raya, con il sogno di riunire il vecchio regno, decide di invitare tutti gli altri clan in segno di pace. L’incontro diventa il teatro di un tradimento in cui una delle fazioni tenta di rubare la famosa gemma da loro custodita, che cadendo si spezza in cinque pezzi risvegliando i Druun.
Sei anni dopo, una Raya ormai adulta parte con l’obiettivo di recuperare tutti i frammenti della gemma e salvare l’umanità.

Raya e l’ultimo drago è un film che mescola fantasy e avventura, creando uno spettacolo estremamente godibile anche per gli adulti. La storia offre tematiche decisamente cupe e complesse, bilanciate da un ritmo da film d’azione e da personaggi secondari che aiutano ad alleggerire il tono del film con ironia. Tra questi, ruba la scena la piccola Noi, un’esilarante truffatrice ancora in fasce che per sopravvivere deruba le persone sfruttando la sua apparenza “coccolosa”.

Insieme all’assenza di numeri musicali, un ulteriore aspetto decisamente più adulto rispetto ad altri film Disney è dato dalle sequenze di lotta tra Raya (Kelly Marie Tran) e la sua antagonista Naamari (Gemma Chan): gli scontri del film traggono ispirazione da tecniche come la Muay Thai, il Pencak Silat o l’Eskrima e le coreografie sono state create con la collaborazione di esperti di arti marziali che avevano il compito di rendere gli stili di combattimento credibili e distinguibili tra i personaggi. La regia di Don Hall e Carlos López Estrada è estremamente dinamica e cruda, e insieme al montaggio crea momenti di grandissimo impatto visivo che nulla hanno da inviare a molti film d’azione strettamente per adulti.

L’impatto visivo è proprio una delle caratteristiche più sorprendenti del film: l’utilizzo di luci e colori, l’attenzione ai particolari, la pienezza degli sfondi, e i paesaggi mozzafiato, rendono Raya and The Last Dragon visivamente stupefacente. Anche il design dei personaggi principali è meno cartoonesco e infantile del solito, e i dettagli della CGI, come la criniera di Sisu o gli effetti d’acqua, sono tecnicamente impeccabili.

Il mondo che popola i cinque regni di Kumandra è un vibrante calderone che prende ispirazione da usi e costumi di paesi differenti (tra cui Vietnam, Thailandia e Cambogia). Se, come molti hanno fatto notare, nessuna cultura del sud-est asiatico finisce per essere rappresentata perfettamente e in modo esaustivo, risulta comunque pregevole la volontà di omaggiare e dare spazio a realtà meno rappresentate nei prodotti mainstream, anche se solo “richiamate” all’interno di un universo finzionale che le condensa tutte.

Con questo non si vuole escludere l’idea che dietro a scelte di questo tipo possano anche esserci strategie di marketing (come è normale che sia), ma il risultato porta comunque un’ondata di novità e freschezza sicuramente apprezzabile, sia per quanto riguarda la diversità (con un cast tutto di origine asiatica, in cui spicca anche la presenza di Sandra Oh) sia per quanto riguarda specificatamente l’evoluzione dei personaggi femminili.
Raya è solo l’ultimo esempio di una protagonista Disney sempre meno passiva e sempre più artefice del proprio destino; e a differenza di chi l’ha preceduta iniziando questo percorso (Merida di Brave, Elsa di Frozen o Vaiana/Moana di Oceania), Raya è assolutamente consapevole delle proprie capacità: a livello psicologico, l’ostacolo da superare, sarà piuttosto avere il coraggio di rendersi vulnerabile.

Un altro elemento di novità è dato poi dalla posizione della donna all’interno dell’immaginario sociale della storia. Le eroine precedenti (non solo quelle Disney ma anche quelle del cinema indipendente come la protagonista di Wolfwolkers), hanno spesso dovuto combattare per affermare il loro diritto ad autodeterminarsi in un mondo in cui sono “l’eccezione”. Nessuno, invece, nel mondo di Raya, è sorpreso dalle (numerose) donne che occupano posizioni di potere. Sono la norma.
Ciò non significa che questo modo di rappresentazione sia il migliore in assoluto, ma è sicuramente diverso.


In questo contesto, la sceneggiatura di Qui Nguyen e Adele Lim, mette al centro della narrazione relazioni d’amicizia e di rivalità tra personaggi femminili che raramente si vedono nei film d’animazione e dove anche il “nemico” non è una semplice pedina al servizio della storia ma un personaggio a tutto tondo, guidato da motivazioni ed emozioni più articolate rispetto al consueto egoismo o bramosia di potere.

Raya and The Last Dragon non è un film perfetto, ma ha il pregio di saper giocare con la tradizione aggiungendo elementi di novità e complessità. Parla di temi difficili e importanti come la perdita, l’unità e la speranza, senza cadere in una morale eccessivamente spicciola, e controbilanciando l’inevitabile retorica di un film d’animazione per bambini, con un tono più maturo e un pizzico di ironia.